“Era
un giorno leggero, in fin dei conti suadente: vacillava nel principio, ancora
distante dal mezzo, di un’esistenza agra, fino a poco prima disinvolta,
libera”.
Inizia
con questa frase il libro di Mario Caruso “Il Grande Buio” che verrà presentato
domani ,5 dicembre, alle ore 17.00 presso l’auditorium del S. Chiara a Castiglion
Fiorentino.
“Il
grande buio” richiama un’espressione del poker, “big blind”, che corrisponde
alla puntata obbligatoria che fa il giocatore a sinistra dello small blind
prima che siano distribuite le carte.
E’
un elemento di rischio, che alza la posta.
Mario
Caruso nel suo libro non parla del poker ma di una partita diversa che, come il
gioco, ha le sue regole, una partita dove si punta, si rischia, si vince e si
perde. E’ la partita della vita, la vita di un ragazzo: Moreno Alaimo.
Alaimo,
che singolare cognome. Non sappiamo perché il narratore abbia deciso di
chiamare così il suo protagonista. Alaimo è un nome di origine siciliana. Il
più famoso Alaimo della storia è stato Alaimo da Lentini, un nobile siciliano
che fu protagonista dei Vespri, ricoprì incarichi importanti e alla fine,
condannato per tradimento, fu ucciso con il sistema della così detta
mezzeratura: chiuso in un sacco, zavorrato e gettato in mare.
Anche
l’Alaimo protagonista della nostra storia è a suo modo un ribelle e alla fine,
pur non finendo annegato, di fatto, chiude la sua storia affondando lentamente tra
i flutti della vita.
La
storia di Moreno si dipana su cinque piani: l’arte (è un pittore dilettante), la
famiglia d’origine (affetti e rottura), il lavoro (mirabile la descrizione
della fabbrica a metà tra il film Metropolis di Lang e un girone Dantesco),
l’amore (che poi alla fine si rileva ben diverso dalla idealizzazione cortese) e
la fase del riscatto (non raccontiamo la fine).
Il
“Grande buio” in questo senso è una sorta di romanzo di formazione,
Bildungsroman direbbero i tedeschi. Con una differenza fondamentale che non ha
nessun intento pedagogico, è l'agire dal di dentro del protagonista a ritmare
la storia.
La
conclusione ha il sapore della liberazione, nelle ultime righe è scritto “Cala
il sipario. Giù i copioni. Gli orchestrali poggiano gli strumenti e si
asciugano le loro fronti sudate. Nessuno piangerà per te e nessuno applaudirà
questo spettacolo. Se solo. Se libero. Pace finalmente”.
Rimane
il dubbio se quella liberazione sia davvero tale oppure faccia parte anch'essa di un copione che sfugge alla decisione del suo interprete. Ognuno avrà la sua
risposta.
“Il
Grande Buio” è un romanzo che va scoperto a luce bassa, in una stanza
silenziosa, facendo navigare la mente, senza concedersi il lusso della
distrazione. E’ un libro che merita di essere letto.
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