venerdì 4 dicembre 2015

IL GRANDE BUIO, romanzo di esordio di un giovane scrittore. Bello e inquietante.

“Era un giorno leggero, in fin dei conti suadente: vacillava nel principio, ancora distante dal mezzo, di un’esistenza agra, fino a poco prima disinvolta, libera”.
Inizia con questa frase il libro di Mario Caruso “Il Grande Buio” che verrà presentato domani ,5 dicembre, alle ore 17.00 presso l’auditorium del S. Chiara a Castiglion Fiorentino.

“Il grande buio” richiama un’espressione del poker, “big blind”, che corrisponde alla puntata obbligatoria che fa il giocatore a sinistra dello small blind prima che siano distribuite le carte.
E’ un elemento di rischio, che alza la posta.
Mario Caruso nel suo libro non parla del poker ma di una partita diversa che, come il gioco, ha le sue regole, una partita dove si punta, si rischia, si vince e si perde. E’ la partita della vita, la vita di un ragazzo: Moreno Alaimo. 

Alaimo, che singolare cognome. Non sappiamo perché il narratore abbia deciso di chiamare così il suo protagonista. Alaimo è un nome di origine siciliana. Il più famoso Alaimo della storia è stato Alaimo da Lentini, un nobile siciliano che fu protagonista dei Vespri, ricoprì incarichi importanti e alla fine, condannato per tradimento, fu ucciso con il sistema della così detta mezzeratura: chiuso in un sacco, zavorrato e gettato in mare.
Anche l’Alaimo protagonista della nostra storia è a suo modo un ribelle e alla fine, pur non finendo annegato, di fatto, chiude la sua storia affondando lentamente tra i flutti della vita.  
La storia di Moreno si dipana su cinque piani: l’arte (è un pittore dilettante), la famiglia d’origine (affetti e rottura), il lavoro (mirabile la descrizione della fabbrica a metà tra il film Metropolis di Lang e un girone Dantesco), l’amore (che poi alla fine si rileva ben diverso dalla idealizzazione cortese) e la fase del riscatto (non raccontiamo la fine). 
Il “Grande buio” in questo senso è una sorta di romanzo di formazione, Bildungsroman direbbero i tedeschi. Con una differenza fondamentale che non ha nessun intento pedagogico, è l'agire dal di dentro del protagonista a ritmare la storia.
La conclusione ha il sapore della liberazione, nelle ultime righe è scritto “Cala il sipario. Giù i copioni. Gli orchestrali poggiano gli strumenti e si asciugano le loro fronti sudate. Nessuno piangerà per te e nessuno applaudirà questo spettacolo. Se solo. Se libero. Pace finalmente”.  
Rimane il dubbio se quella liberazione sia davvero tale oppure faccia parte anch'essa di un copione che sfugge alla decisione del suo interprete. Ognuno avrà la sua risposta.

“Il Grande Buio” è un romanzo che va scoperto a luce bassa, in una stanza silenziosa, facendo navigare la mente, senza concedersi il lusso della distrazione. E’ un libro che merita di essere letto. 

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