Le ultime dichiarazioni
del sindaco di Arezzo sull'apporto dato alla sua campagna elettorale da esponenti dell’IDV, apporto non smentito e quindi plausibile, sono la conferma
di quanto lo scenario politico, non solo a livello nazionale ma anche locale,
sia sempre più indecifrabile. Qualcuno potrà gridare al tradimento, noi non ci
uniremo a questo coro.
La verità, che
ci si ostina a non vedere, è che le appartenenze di partito contano sempre meno
ed entrano in campo altri fattori: la credibilità dei candidati in primo luogo,
un po’ meno il progetto amministrativo, molto di più gli intrecci di natura
economica e professionale.
Qualcuno potrebbe definirlo lobby ebbene si, si tratta di lobby senza per forza dare a questa
parola una accezione negativa.
In questo senso
Renzi sembra averlo capito quando, per esempio, prefigura una convergenza non
tra partiti, la parola stessa è indice di appartenenza, ma tra interessi.
Interessi che s’incardinano
nel concetto di cambiamento e quindi portano dritti alla rottura dei vecchi schemi.
Per rendersene
conto basta vedere quello che accade con la gestione di ruoli di governo (grandi
eventi, Comuni, in taluni casi anche Regioni), gestione che viene sempre più
affidata a persone esterne alla politica.
In questo senso
la politica, quella che abbiamo conosciuto fino ad oggi rischia di evaporare.
E’ un bene? In parte si e in parte no.
Se si dissolve un
certo tipo di politica, per cui l’appartenenza va avanti al merito, è un bene.
Se invece scompare la politica come visione ampia tutto rischia di ridursi a
piccolo cabotaggio, per cui, una volta che vengono meno le figure di riferimento,
per esempio Renzi a livello nazionale o Ghinelli a livello locale si rischia il
caos.
In questo senso
nemmeno il PD, partito di maggioranza relativa, sembra attrezzato ad affrontare
questa nuova fase.
Non parliamo di
quello nazionale, che somiglia sempre di più alla Russia all'indomani della
fine del comunismo: un nucleo centrale forte e piccoli spezzoni che si
rincorrono tra chi si stacca e fa ditta per conto suo, tipo paesi Baltici e chi,
nel bene o nel male, accetta la subalternità, tipo Bielorussia.
Ma anche a
livello locale il quadro non appare per niente tranquillo. Il vuoto lasciato
dalla vecchia classe politica è stato riempito solo formalmente da una nuova
leva. I nomi per riempire i buchi si trovano sempre, il problema è per fare
cosa. Il compito è improbo, guidare una macchina che perde i pezzi è affare da
piloti parecchio bravi ed in giro non se ne vedono. Questo fatto fa nascere
una semplice domanda, è giusto rincollare i pezzi oppure è meglio cambiare la
macchina?
Il problema è
che oggi non ci sono i soldi (leggi idee, capacità e forse anche voglia) per
cambiare il mezzo e allora si tiene stretto quel che si ha. Ma con un
ferrovecchio non si vincono le gare.
Nessuno ha fatto
un serio esame, una volta si sarebbe detta analisi, su quello che è accaduto ad
Arezzo ed in altri comuni importanti della provincia. Ci si accontenta di
occupare gli spazi, senza accorgersi che gli spazi si restringono ogni giorno
di più.
La soluzione è di
recuperare un progetto politico ma per farlo occorre studiare, come diceva uno
dei padri nobili della sinistra “anche lo studio è un
mestiere, e molto faticoso, con un suo speciale tirocinio, oltre che
intellettuale, anche muscolare-nervoso”. Quanti oggi ne hanno voglia?
Meglio
smanettare su facebook e lasciare ad altri le decisioni importanti.
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