Lo scrittore
Gaetano Cappelli in un post a quarantanni dalla morte di Pierpaolo Pasolini ha
detto la sua. Un intervento al limite della provocazione: «ricorre oggi san
Pasolini. Il grande intellettuale e profeta italiano. Da giovane consegnò un
compagno di scuola alla polizia fascista. Passò poi con i comunisti che gli
avevano trucidato il fratello. Fu il primo a scagliarsi contro la cultura di
massa - disprezzò i Beatles e la televisione stando sempre in televisione. Riuscì a fare l’apologia del comunismo in
Russia negli anni 70, quando anche le pietre sapevano che schifezza era. Si
scagliò contro il consumismo girando in Ferrari e posando in total Gucci. Oggi
molte scuole gli sono dedicate. Egli infatti, Pasolini, amò molto i ragazzini».
Parole di una
durezza sconcertante, a tratti perfino ripugnanti, ci fa schifo, per esempio, che
le persone vengano giudicate sulla base delle preferenze sessuali.
Però sono parole
che, al netto della sgradevolezza, hanno un merito, quello di aver lanciato un
sasso nello stagno dell’agiografia pasoliniana.
La stessa cosa, seppur in toni
diversi, ha fatto Gabriele Muccino commentando il cinema pasoliniano “per quanto io ami Pasolini
pensatore, giornalista e scrittore, ho sempre pensato che Pasolini regista
fosse fuori posto, anzi, semplicemente un “non regista” che usava la macchina
da presa in modo amatoriale, senza stile, senza un punto di vista meramente
cinematografico sulle cose che raccontava...».
Tutti e due,
tanto per cambiare, sono stati più o meno coperti di insulti.
Non sappiamo
quanto serva oggi discernere sul valore della figura di Pasolini però, come non
ci piacciono le critiche immotivate, non ci incantano gli artisti alzati agli
onori degli altari per questioni che spesso nulla hanno a che vedere con
l’arte.
Di Pasolini
apprezziamo i romanzi (non tutti), alcuni articoli di giornali, il suo amore
per il calcio, per niente la poesia. Che sia stato un intellettuale è indubbio,
definirlo un’icona non ci trova d’accordo. Il problema di una certa sinistra
cerebrale in questo paese è sempre stata quella di spalmare la propria identità sopra alcuni personaggi. Molto
spesso, e non è un caso, personaggi lontani dalla modernità, con la testa
voltata all'indietro, dove la cultura faceva tutt'uno con lo snobismo.
Pasolini non è
l’unico ad aver segnato, secondo certi giornali e riviste, la storia di questo
paese. Ma appunto fa ormai parte della storia, resuscitarlo non servirebbe a
niente.
Lui e tanti
altri al pari degli Elfi del Signore degli Anelli sono già sulla nave diretta a
Valinor. Una terra come dice Tolkien “ben custodita” ma posta in un’altra
dimensione rispetto alla terra degli uomini. Non fanno più parte del nostro
mondo, se è giusto ricordarli per quello che, nel bene o nel male, hanno dato
non pretendiamo che oggi possano dare qualcosa.
Di Pasolini ricordiamo
una frase: «Amo ferocemente, disperatamente
la vita. E credo che questa ferocia, questa disperazione mi porteranno alla
fine. Amo il sole, l'erba, la gioventù. L'amore per la vita è divenuto per me
un vizio più micidiale della cocaina. Io divoro la mia esistenza con un
appetito insaziabile. Come finirà tutto ciò? Lo ignoro» .
Com'è finito lo sappiamo.
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