mercoledì 4 novembre 2015

LA MINISTRA VUOL LICENZIARE? APPLICHI LA LEGGE CHE GIA' ESISTE

La Ministra Madia, in un recente convegno, ha dichiarato «bisogna licenziare i dipendenti in caso di false presenze», il riferimento era allo “scandalo” del comune di Sanremo dove, le indagini dei carabinieri, hanno evidenziato una situazione a dir poco “allegra” sulla gestione dei cartellini delle presenze.
Chiunque, dotato di un  po’ di senno e di senso della giustizia, non potrebbe che dirsi d’accordo con la Ministra.

Gli annunci però non servono, anzi rischiano di fare peggio. Qualunque cittadino, leggendo quella dichiarazione, si sarà fatto l’idea che i dipendenti pubblici in questo paese non possono essere licenziati nemmeno se invece di stare in ufficio vanno in barca oppure a pescare.

Non è vero. Con questi annunci non si fa che alimentare un livore, talvolta giustificato, altre volte no, nei confronti della macchina amministrativa dello Stato e degli Enti locali.
Bisogna dire, una buona volta per tutte, che le leggi esistono.
Proprio come i dipendenti privati chi lavora nelle pubbliche amministrazioni può essere licenziato per inadempimento agli obblighi contrattuali. Tanto per fare qualche esempio la sanzione disciplinare del licenziamento si applica nei seguenti casi:
falsa attestazione della presenza in servizio, mediante l’alterazione dei sistemi di rilevamento della presenza o con altre modalità fraudolente, ovvero giustificazione dell’assenza dal servizio mediante una certificazione medica falsa o che attesta falsamente uno stato di malattia;
assenza priva di valida giustificazione per un numero di giorni, anche non continuativi, superiore a tre nell'arco di un biennio o comunque per più di sette giorni nel corso degli ultimi dieci anni ovvero mancata ripresa del servizio, in caso di assenza ingiustificata, entro il termine fissato dall'amministrazione;
ingiustificato rifiuto del trasferimento disposto dall'amministrazione per motivate esigenze di servizio;
falsità documentali o dichiarative commesse ai fini o in occasione dell’instaurazione del rapporto di lavoro ovvero di progressioni di carriera;
reiterazione nell'ambiente di lavoro di gravi condotte aggressive o moleste o minacciose o ingiuriose o comunque lesive dell’onore e della dignità personale altrui;
condanna penale definitiva, in relazione alla quale è prevista l’interdizione perpetua dai pubblici uffici ovvero l’estinzione, comunque denominata, del rapporto di lavoro.
La Madia dunque non ha detto niente di nuovo, allora perché spesso queste semplici norme sono disattese?
La ragione si può ritrovare “nelle responsabilità che la legge riconosce in capo al dirigente pubblico. In base alle norme sulla responsabilità dirigenziale, qualora un licenziamento comminato, dovesse poi esser giudizialmente riconosciuto illegittimo, l'amministrazione potrebbe chiamare il dirigente responsabile a rispondere personalmente del danno economico derivato. Stando così le cose, è evidente che qualsiasi dirigente ben si guarda, salvo casi molto gravi, dall'intraprendere una strada estremamente rischiosa sul piano personale”.
Questo è il punto. Forse la Ministra invece di agitare la clava dei licenziamenti dovrebbe porsi il problema di come modificare alcune norme sulla responsabilità dei dirigenti.
Concludendo si può dire che la minaccia del licenziamento può essere utile per prendersi qualche facile applauso ma non risolve i problemi. La vera questione è l'efficienza e la qualità dei servizi offerti dalla PA. Su questo punto la Madia nonostante tutta la sua buona volontà sembra piuttosto a corto di proposte. 
Inutile parlare di digitalizzazione, turn over, promettere chissà quali cambiamenti in un sistema rigido dove gli orari sono anacronistici, la flessibilità sul lavoro non esiste e gli incentivi economici non trovano conferma nei risultati.
Quella che servirebbe è una rivoluzione copernicana nel settore. Ma per farla ci vorrebbe appunto un grande personaggio come Copernico e in giro se ne vedono pochi.


Nessun commento:

Posta un commento