La Ministra
Madia, in un recente convegno, ha dichiarato «bisogna licenziare i dipendenti
in caso di false presenze», il riferimento era allo “scandalo” del comune di Sanremo
dove, le indagini dei carabinieri, hanno evidenziato una situazione a dir poco “allegra”
sulla gestione dei cartellini delle presenze.
Chiunque, dotato
di un po’ di senno e di senso della giustizia,
non potrebbe che dirsi d’accordo con la Ministra.
Gli annunci però
non servono, anzi rischiano di fare peggio. Qualunque cittadino, leggendo
quella dichiarazione, si sarà fatto l’idea che i dipendenti pubblici in questo
paese non possono essere licenziati nemmeno se invece di stare in ufficio vanno
in barca oppure a pescare.
Non è vero. Con
questi annunci non si fa che alimentare un livore, talvolta giustificato, altre
volte no, nei confronti della macchina amministrativa dello Stato e degli Enti
locali.
Bisogna dire,
una buona volta per tutte, che le leggi esistono.
Proprio come i dipendenti privati chi lavora nelle pubbliche
amministrazioni può essere licenziato per inadempimento agli obblighi contrattuali. Tanto per fare qualche esempio la sanzione disciplinare del licenziamento si applica nei seguenti casi:
falsa attestazione della presenza
in servizio, mediante l’alterazione dei sistemi di rilevamento della presenza o
con altre modalità fraudolente, ovvero giustificazione dell’assenza dal
servizio mediante una certificazione medica falsa o che attesta falsamente uno
stato di malattia;
assenza priva di valida giustificazione per un numero di giorni, anche non continuativi, superiore a tre nell'arco di un biennio o comunque per più di sette giorni nel corso degli
ultimi dieci anni ovvero mancata ripresa del servizio, in caso di
assenza ingiustificata, entro il termine fissato dall'amministrazione;
ingiustificato rifiuto del trasferimento disposto dall'amministrazione per motivate esigenze di servizio;
falsità documentali o dichiarative commesse ai
fini o in occasione dell’instaurazione del rapporto di lavoro ovvero di
progressioni di carriera;
reiterazione nell'ambiente di lavoro di gravi condotte aggressive o moleste o minacciose o ingiuriose o
comunque lesive dell’onore e della dignità personale altrui;
condanna penale definitiva, in relazione
alla quale è prevista l’interdizione perpetua dai pubblici uffici ovvero
l’estinzione, comunque denominata, del rapporto di lavoro.
La Madia dunque non ha detto niente di nuovo, allora perché
spesso queste semplici norme sono disattese?
La ragione si può ritrovare “nelle
responsabilità che la legge riconosce in capo al dirigente pubblico. In base
alle norme sulla responsabilità dirigenziale, qualora un licenziamento
comminato, dovesse poi esser giudizialmente riconosciuto illegittimo,
l'amministrazione potrebbe chiamare il dirigente responsabile a rispondere
personalmente del danno economico derivato. Stando così le cose, è evidente che
qualsiasi dirigente ben si guarda, salvo casi molto gravi, dall'intraprendere
una strada estremamente rischiosa sul piano personale”.
Questo è il punto. Forse la Ministra invece di
agitare la clava dei licenziamenti dovrebbe porsi il problema di come
modificare alcune norme sulla responsabilità dei dirigenti.
Concludendo si può dire che la minaccia del
licenziamento può essere utile per prendersi qualche facile applauso ma non risolve
i problemi. La vera questione è l'efficienza e la qualità dei servizi offerti
dalla PA. Su questo punto la Madia nonostante tutta la sua buona volontà sembra
piuttosto a corto di proposte.
Inutile parlare di digitalizzazione, turn over,
promettere chissà quali cambiamenti in un sistema rigido dove gli orari sono
anacronistici, la flessibilità sul lavoro non esiste e gli incentivi economici
non trovano conferma nei risultati.
Quella che servirebbe è una rivoluzione
copernicana nel settore. Ma per farla ci vorrebbe appunto un grande personaggio
come Copernico e in giro se ne vedono pochi.
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