lunedì 16 novembre 2015

LA POLEMICA SULLA BISTECCA

Recentemente l’OMS ha lanciato un allarme sui pericoli per l’organismo umano derivanti dal consumo di carne rossa. Già qualche tempo fa uno studio dell’Harvard School and public health affermava che vi può essere una correlazione diretta tra il mangiare carne, in particolare quella lavorata, e alcune patologie tumorali.

Andando a curiosare su internet abbiamo scoperto che secondo alcuni la carne rossa provoca, oltre ai tumori anche l’arteriosclerosi, malattie cardiache e diabete. Non basta, certi esperti sostengono che gli allevamenti portano una bella fetta di responsabilità sui cambiamenti climatici, determinando un aumento delle emissioni di Co2. C’è chi arriva a dire che una bistecca inquina più di una macchina.
Insomma il consumo di carne sarebbe una specie di gene patogeno che erode lentamente la vita del pianeta.

Non siamo qui a sostenere le posizioni dei carnivori rispetto a quelle dei vegetariani, anzi dal punto di vista etico molte posizioni sui diritti degli animali sono giuste e vanno sostenute. Quello che ci interessa è rilevare come la cattiva informazione o meglio un’informazione parziale, specialmente quando passa attraverso quell'immenso bollitore di passioni che è diventato internet, può provocare ondate emotive difficilmente arginabili.
E’ sicuramente vero che un uso smodato di carne provoca danni alla salute, in particolare le carni lavorate che contengono additivi ma da questo a sostenere che mangiarsi una bistecca sia pericoloso come fumarsi un pacchetto di sigarette ce ne corre parecchio. In questo senso sarebbe importante tornare a parlare di sana e corretta alimentazione e di qualità nelle produzioni.
Il rilancio della nostra agricoltura, di cui si fa un gran parlare, passa anche da qui. Sarà un caso ma per certi prodotti, uno per tutti la chianina, non si sono avute ripercussioni in termini di mercato nonostante la pessima pubblicità esplosa sulle carni.
Questo significa che ci sono prodotti di cui ci si può fidare e di cui la gente continua a fidarsi. L’insegnamento che ne traiamo è che andrebbe fatto uno sforzo per tutelare e proteggere le nostre produzioni, non solo la carne ma anche l’olio, il latte, i cereali.
Il made in Italy e il made in Toscana non possono essere svenduti in nome delle logiche di mercato. In questo senso preoccupazioni come quelle espresse dall'OMS possono diventare l’occasione per una politica di settore che punti a rilanciare le nostre produzioni e aiuti le imprese agricole a trovare la giusta collocazione in un mercato dove globalizzazione e profitto a tutti i costi hanno fatto danni enormi.

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