Recentemente
l’OMS ha lanciato un allarme sui pericoli per l’organismo umano derivanti dal consumo
di carne rossa. Già qualche tempo fa uno studio dell’Harvard
School and public health affermava che vi può essere una correlazione
diretta tra il mangiare carne, in particolare quella lavorata, e alcune patologie
tumorali.
Andando a curiosare su internet abbiamo
scoperto che secondo alcuni la carne rossa provoca, oltre ai tumori anche l’arteriosclerosi,
malattie cardiache e diabete. Non basta, certi esperti sostengono che gli
allevamenti portano una bella fetta di responsabilità sui cambiamenti climatici,
determinando un aumento delle emissioni di Co2. C’è chi arriva a dire che una
bistecca inquina più di una macchina.
Insomma il consumo di carne sarebbe
una specie di gene patogeno che erode lentamente la vita del pianeta.
Non siamo qui a sostenere le
posizioni dei carnivori rispetto a quelle dei vegetariani, anzi dal punto di
vista etico molte posizioni sui diritti degli animali sono giuste e vanno sostenute. Quello che ci interessa è rilevare
come la cattiva informazione o meglio un’informazione parziale, specialmente quando
passa attraverso quell'immenso bollitore di passioni che è diventato internet, può
provocare ondate emotive difficilmente arginabili.
E’ sicuramente vero che un uso
smodato di carne provoca danni alla salute, in particolare le carni lavorate
che contengono additivi ma da questo a sostenere che mangiarsi una bistecca sia
pericoloso come fumarsi un pacchetto di sigarette ce ne corre parecchio. In questo senso sarebbe importante tornare a
parlare di sana e corretta alimentazione e di qualità nelle produzioni.
Il
rilancio della nostra agricoltura, di cui si fa un gran parlare, passa anche da
qui. Sarà un caso ma per certi prodotti, uno per tutti la chianina, non si sono
avute ripercussioni in termini di mercato nonostante la pessima pubblicità
esplosa sulle carni.
Questo
significa che ci sono prodotti di cui ci si può fidare e di cui la gente
continua a fidarsi. L’insegnamento che ne traiamo è che andrebbe fatto uno
sforzo per tutelare e proteggere le nostre produzioni, non solo la carne ma anche
l’olio, il latte, i cereali.
Il
made in Italy e il made in Toscana non possono essere svenduti in nome delle
logiche di mercato. In questo senso preoccupazioni come quelle espresse dall'OMS possono diventare l’occasione per una politica di settore che punti a rilanciare
le nostre produzioni e aiuti le imprese agricole a trovare la giusta collocazione in
un mercato dove globalizzazione e profitto a tutti i costi hanno fatto danni
enormi.
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