lunedì 30 novembre 2015

IL MANTRA DEL FUTURO

A noi Matteo Orfini è simpatico, con quella faccia da bravo ragazzo, stemperata dalla calvizie rappresenta alla perfezione l’ibrido tra vecchio e nuovo, immagine speculare della sua carriera politica: da portavoce di D’Alema a presidente del PD marcato Renzi. Un'altra ragione per cui ci sta simpatico è che è un tipo dotato di spirito di sacrificio, la nomina a commissario del PD romano non è certo un “boccone da ghiotti” e lui l’ha accetta senza fiatare.

Ci piace parlare di Roma e delle sue vicende perché quello che avviene nella capitale riflette, nel bene o nel male, lo stato dell’arte di un partito, il PD, che somiglia sempre di più a una mosca imprigionata dietro una vetrata. Si ostina a battere la testa quando, forse, volando un po’ più in altro potrebbe trovare una finestrella per uscire all'aperto.
Le ultime dichiarazioni del buon Orfini in questo senso sono rivelatrici.

Rutelli convoca un incontro intitolandolo la “Prossima Roma”? Il commissario testualmente afferma “iniziativa utile e opportuna (…) ma il PD ha il compito non di riunire i protagonisti di una stagione, ma di crearne di nuovi” e conclude “un grande partito come il nostro deve costruire una sfida che ci faccia vincere nel futuro”.
Marino (l’ex Sindaco) indice delle riunioni? Orfini è lapidario “è un iscritto al PD, ha piena legittimità di fare incontri. Ma noi ci occupiamo del futuro, non del passato”.
Il futuro è una parola “magica”, specie quando si utilizza come un mantra tibetano, ma cosa c’è in questo futuro? Quali sono i contenuti e i protagonisti di quest’avvento? Qui cominciano gli intoppi, il futuro tanto evocato appare più un dogma, una dichiarazione di fede, che non una realtà.
Comprendiamo le ragioni di Orfini e con lui quelle di un Partito che attraversa una fase complicata di legittimazione politica e generazionale. Qualcuno ha detto che sulla scia di Renzi scompaiano i vecchi militanti e si affaccia una nuova generazione digiuna di politica.
Il digiuno spesso porta alla fame e a stomaco vuoto si ragiona male. Infatti, i risultati non sono incoraggianti, nel mentre si richiama il futuro mal si riesce  a gestire il presente ed il motivo è più semplice di quanto si pensi.
Trasferiamoci per un attimo in una grande officina dove si assemblano motori, il proprietario per ridare smalto alla ditta decide di licenziare i vecchi operai e sostituirli con dei nuovi lavoratori.
Tutti ragazzi volenterosi, desiderosi di dare il proprio contributo per il bene dell’azienda. La gran parte di loro sono espertissimi di computer, di social network ma non sanno usare una chiave inglese. Dopo un po’ la produzione langue e l’impressa è costretta rivolgersi a fornitori esterni. Solo una metafora?
Non proprio, guardate quello che sta succedendo nella selezione delle candidature per le prossime amministrative nelle grandi città. Il serbatoio cui attingere i possibili futuri sindaci non è più il partito ma la così detta società civile, sempre che non si metta di mezzo qualche “vecchione” tipo Bassolino che forse non s’intende d’informatica ma se la cava col cacciavite.
Ecco il motivo per cui si evoca sempre il futuro, non costa niente e soprattutto deresponsabilizza: non ti obbliga a dire cosa farai nell'immediato, tanto a quello ci pensano candidati pescati dalle professioni e dall'alta burocrazia di stato.  C’è solo un piccolo problema, in tutto questo che fine fa la politica, intesa come visione, interpretazione del mondo? Qualcuno dovrebbe tentare di dare una risposta. Altrimenti il futuro di cui parla Orfini e con lui tanti piccoli epigoni, rischia di avvitarsi su se stesso e diventare solo un piatto e insipido presente.



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