E’ uscito in questi giorni un libro di Tommaso Cerno
dove si sostiene che la mentalità del ventennio fascista è ancora ben radicata
nella politica e nella società del nostro paese.
Difronte a queste affermazioni c’è chi storcerà il
naso, come se avesse pestato una cacca di cane, a noi invece fanno l’effetto
opposto. Guardare le cose da un punto di vista inedito, aiuta a trovare delle
spiegazioni a fatti che altrimenti avrebbero solo flebili ragioni per esistere.
Cerno sostiene che “ il 1945, la data che mette fine
ai regimi fascista e nazista in Europa, non è una data che l’Italia abbia
davvero digerito. Certo sul piano ufficiale, nei proclami, nelle affermazioni
di principio, così come nella retorica di Stato, il fascismo è morto e sepolto,
giace sotto strati e strati di antidoto costituzionale, democratico,
parlamentare” ma nei fatti non è così. Atteggiamenti, modi di pensare, pensieri
più o meno reconditi rimangono quelli del
ventennio, “l’affermazione di essere antifascista, per quanto eticamente
giustificabile, non basta a cancellare ciò che del fascismo è dentro di noi…” sostiene
Cerno.
Pensiamo alla retorica giovanilistica. “Giovinezza,
giovinezza primavera di bellezza” si cantava in quegli anni, pensiamo all'informazione come macchina di controllo dell’opinione pubblica, pensiamo alla necessità di
avere sempre e comunque bisogno di un capo e non di un leader.
Qui non siamo a dare un giudizio di merito,
semplicemente valutiamo l’oggettività dei fatti.
Nessuno può negare che il fascismo fu un movimento di
massa e che Mussolini contribuì, a modo suo, a ringiovanire la classe politica
italiana, salvo poi affossare una generazione nei campi di battaglia. E’ fuori
di dubbio che dette un colpo mortale alle vecchie tradizioni liberali costruendo
un rapporto profondo con il paese, grazie a una serie di interventi che
spaziavano dai lavori pubblici al sociale.
C’è chi ci potrà accusare di revisionismo storico, non
è vero, prendiamo soltanto atto della realtà. Per questo giudichiamo inutili le
alzate di scudi come quelle che si registrano contro l’Hammerfest 2015 previsto
per il 28 novembre a Milano.
Lo sappiamo bene, i testi di quei gruppi musicali sono
razzisti, antisemiti, richiamano l’invasione turca, la battaglia di Lepanto, il
mito dei legionari e la guerra.
Ma il problema non è quello che cantano quei gruppi
musicali, la questione semmai è che quelle cose: razzismo, lotta all'invasione islamica, guerra raccolgono sempre più consensi.
E’ su questo che dovremo interrogarci. Che qui ragazzi
più o meno rasati, più o meno tatuati cantino le loro canzoni non ci
scandalizza. Ormai tolleriamo in giro ben di peggio, anche nelle nostre strade
di provincia. Il problema che poniamo ai molti, ai troppi ben pensati che dai
super attici dispensano massime ai poveri della terra è che è facile puntare il
dito contro chi espone croci celtiche, rune o simboli del white Power ma non
abbiamo il coraggio di guardarci dentro per paura di scoprire il fascista che portiamo in pancia, questo si ben più pericoloso di quattro gruppi rock.
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