Nella
piazza virtuale, e non solo in quella, si riesce a polemizzare su tutto. Nei
social ha avuto grandissima eco la morte per mano dei terroristi del cane
Diesel, una femmina di Malinois utilizzata
dalla polizia francese.
Qualcuno ha sottolineato, piuttosto schifato, che la
stessa attenzione mediatica e le stesse passioni non le avevano suscitate le
vittime degli attentati a Beirut oppure in Nigeria. Come a dire che il peso
emotivo della tragica morte di un cane è nettamente superiore a quello di
decine di persone. E’ proprio così.
Ma questo non dovrebbe suscitare indignazione,
semmai dovrebbe aprire una riflessione sul perché la fine di Diesel sia
giudicata passionalmente più impattante di quella delle vittime di un
attentato. Qualcuno nei giorni scorsi si è anche domandato perché i morti di Parigi
abbiano avuto un peso maggiore nell'animo della gente di quelli dell’aereo
russo fatto esplodere nel Sinai o dei ragazzi turchi massacrati da una bomba
durante una manifestazione pacifista.
Domande legittime che possono portare a risposte
scomode, per cui il peso dei morti è in relazione alla distanza geografica, al
colore della pelle, alla vicinanza culturale.
A chi dissente sul povero di Diesel, vorremmo
domandare se s’inteneriscono di più per un cane abbandonato o per un barbone all'angolo della strada, siamo convinti che non darebbero una risposta
razionale.
E allora è giusto celebrare Diesel, anche se, ne
siamo convinti, come cane avrebbe preferito scorrazzare in qualche prato che
non infilarsi nel rifugio dei terroristi.
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