Abbiamo letto con grande sconforto l’appello dei cassaintegrati della Cantarelli
pubblicato sulla stampa: una situazione drammatica che, in un contesto dove da più parti squillano le trombe della ripresa, può apparire una nota stonata. Non
per noi.
Al di là dei problemi specifici di quella azienda, che devono essere
affrontati e risolti senza affidarsi alla provvidenza, quella che emerge è l’inanità
collettiva di fronte al vento della crisi che ha spazzato via interi comparti
produttivi della nostra provincia.
Qualcuno pensa che le crisi economiche siano come le piaghe d’Egitto, cioè
inevitabili, altri credono che siano darwinisticamente utili per
cancellare i deboli e far emergere i forti. Non è così.
Dietro la chiusura e il ridimensionamento delle aziende e la perdita di
posti di lavoro ci sono famiglie, persone, speranze e illusioni. C’è il mondo
della gente comune, quella gente che sembra scomparsa dai radar della grande
politica e dell’economia mondializzata. Questa cosa ci fa schifo e al tempo
stesso ci fa soffrire.
Settori tradizionali dell’economia aretina hanno subito un ridimensionamento
pauroso senza che nessuno battesse ciglio, salvo i soliti pianti greci che non
servono a un tubo. Altri si adeguano alle mode del momento. Non basta decantare le lodi degli Agriturismi per trovare una soluzione
ai problemi. Nessuno vuol sottovalutare il peso dell’economia turistica, ma
quanti agriturismi bisogna realizzare per riassorbire solamente i 120
cassaintegrati della Cantarelli e dar loro un futuro dignitoso?
Senza imprese industriali e artigianali l’economia è destinata a morire e
pensare che servizi, turismo e finanza da soli bastino a colmare il gap occupazionale
è un abbaglio. Per questo siamo tra quelli che continueranno a sostenere, finché
avremo fiato in gola, che le poche o tante risorse disponibili devono essere destinate
a favore delle imprese, a cominciare dagli sgravi fiscali, costo del lavoro,
incentivi all'innovazione, sostegno al credito. In caso contrario costruiremo
un bel parco giochi per i turisti ma la nostra gente dovrà cercarsi lavoro da
un’altra parte.
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