Come sapete, alla consultazione
per individuare il segretario regionale del PD, mi sono astenuto, le ragioni le
ho già spiegate e non voglio tornarci sopra. Il 14 ottobre prossimo, quando,
oltre agli iscritti, saranno chiamati a votare anche gli elettori, vedrò cosa
fare.
Di sicuro non mi entusiasma
questa specie di referendum tra pro e contro, tra chi sposa, con convinzione,
Renzi e la sua politica e chi si oppone a una riedizione del renzismo in salsa
toscana.
Tuttavia una cosa la devo dire, a
costo di inimicarmi qualcuno: in Toscana abbiamo perso (dico abbiamo e non
hanno), tutto quello che si poteva perdere. Si è perso e nessuno se n’è assunto la responsabilità, anzi in parecchi
se la sono cavata munendosi di paracadute grossi come il cupolone del
Brunelleschi.
Detto in altre parole un allenatore
e uno staff tecnico che prendono una squadra in seria A e la trascinano in
serie D di solito sono esonerati a furor di popolo. Invece, qui, è avvenuto il
contrario, si è continuato ad allenare, pretendendo che a sbagliare siano stati
gli arbitri e i guardalinee.
I commenti giornalistici, sulla consultazione
del PD, hanno tutti sostenuto che la “renziana” Bonafè ha stravinto ad Arezzo e
provincia. In effetti, quando si prende il 62,35 % dei voti, si può legittimamente
parlare di una grande vittoria.
I commentatori hanno però
tralasciato alcuni aspetti che mi pare giusto indicare. Parto sempre dai numeri
perché, come ebbe a dire il ministro Bernardino Grimaldi “la matematica non è
una opinione”.
Un pò più di un anno fa,
esattamente il 3 maggio 2017, Arezzo si scoprì come una delle capitali
nazionali del renzismo. Con l’81 per cento dei voti per Renzi segretario.
Da allora la situazione
sembrerebbe essere cambiata, uso il condizionale perché non escludo che il voto
popolare del 14 ottobre, possa rimettere in capo alla candidata Bonafè quelle
straordinarie percentuali.
Ma non è questo il punto. Quello
che dovrebbe preoccupare tutti, renziani, non renziani, ortodossi e protestanti, è il dato di affluenza degli iscritti. Cioè di quelli che in teoria sarebbero più
motivati a scegliere il segretario regionale.
In provincia di Arezzo parliamo
di un magro 27,7 per cento di partecipazione al voto, una vera miseria. Che
significa? Per me significa non solo che non esiste più un’organizzazione ma
soprattutto che i militanti, così si chiamavano un tempo, si sono rotti le scatole di votare in elezioni
che hanno senso solo per il ceto politico.
Come si fa a votare a scatola
chiusa? Senza un programma serio, senza discussione, senza un approfondimento sul
futuro della Toscana? Tutto è fidelizzato, come se gli iscritti al PD dovessero
compre una marca di frigorifero, invece di un’altra.
L’altro aspetto che i commentatori
non hanno evidenziato è che se si estrapolasse (ma non sarebbe corretto) il
dato della città di Arezzo, Fabiani e la Bonafè sarebbero quasi alla pari, con
uno scarto di 36 (trentasei) voti tra l’europarlamentare e il suo
semisconosciuto avversario.
-Perché- direbbe qualcuno -vuoi
tirar via il dato di Arezzo capoluogo? Proprio
Arezzo, dove la Bonafè fa il pienone con l’84% dei voti staccando il suo
avversario in maniera netta, con 238 voti a 45? Proprio Arezzo dove la Bonafè
migliora il dato, pur straordinario, del voto a Renzi di un anno fa? Sei troppo
furbo caro Brandi.-
No, non voglio fare il furbo, la
mia era una semplice considerazione sui
numeri. Perché se i risultati della provincia sono diversi, evidentemente il dato
della città segnala un disallineamento, il che non vuol dire per forza che sia una
cosa negativa, si tratterebbe in ogni caso, di capire il motivo.
Paolo Brandi
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