martedì 9 ottobre 2018

IL VOTO PER IL SEGRETARIO REGIONALE DEL PD. QUELLO CHE I NUMERI DICONO E QUELLO CHE LA POLITICA NON DICE


Come sapete, alla consultazione per individuare il segretario regionale del PD, mi sono astenuto, le ragioni le ho già spiegate e non voglio tornarci sopra. Il 14 ottobre prossimo, quando, oltre agli iscritti, saranno chiamati a votare anche gli elettori, vedrò cosa fare.
Di sicuro non mi entusiasma questa specie di referendum tra pro e contro, tra chi sposa, con convinzione, Renzi e la sua politica e chi si oppone a una riedizione del renzismo in salsa toscana.
Tuttavia una cosa la devo dire, a costo di inimicarmi qualcuno: in Toscana abbiamo perso (dico abbiamo e non hanno), tutto quello che si poteva perdere. Si è perso e nessuno se n’è assunto la responsabilità, anzi in parecchi se la sono cavata munendosi di paracadute grossi come il cupolone del Brunelleschi.
Detto in altre parole un allenatore e uno staff tecnico che prendono una squadra in seria A e la trascinano in serie D di solito sono esonerati a furor di popolo. Invece, qui, è avvenuto il contrario, si è continuato ad allenare, pretendendo che a sbagliare siano stati gli arbitri e i guardalinee.
Ma queste beghe mi hanno stufato, voglio parlare di altro.
I commenti giornalistici, sulla consultazione del PD, hanno tutti sostenuto che la “renziana” Bonafè ha stravinto ad Arezzo e provincia. In effetti, quando si prende il 62,35 % dei voti, si può legittimamente parlare di una grande vittoria.
I commentatori hanno però tralasciato alcuni aspetti che mi pare giusto indicare. Parto sempre dai numeri perché, come ebbe a dire il ministro Bernardino Grimaldi “la matematica non è una opinione”.
Un pò più di un anno fa, esattamente il 3 maggio 2017, Arezzo si scoprì come una delle capitali nazionali del renzismo. Con l’81 per cento dei voti per Renzi segretario.
Da allora la situazione sembrerebbe essere cambiata, uso il condizionale perché non escludo che il voto popolare del 14 ottobre, possa rimettere in capo alla candidata Bonafè quelle straordinarie percentuali.
Ma non è questo il punto. Quello che dovrebbe preoccupare tutti, renziani, non renziani, ortodossi e protestanti, è il dato di affluenza degli iscritti. Cioè di quelli che in teoria sarebbero più motivati a scegliere il segretario regionale.
In provincia di Arezzo parliamo di un magro 27,7 per cento di partecipazione al voto, una vera miseria. Che significa? Per me significa non solo che non esiste più un’organizzazione ma soprattutto che i militanti, così si chiamavano un tempo, si sono rotti le scatole di votare in elezioni che hanno  senso solo per il ceto politico.
Come si fa a votare a scatola chiusa? Senza un programma serio, senza discussione, senza un approfondimento sul futuro della Toscana? Tutto è fidelizzato, come se gli iscritti al PD dovessero compre una marca di frigorifero, invece di un’altra.
L’altro aspetto che i commentatori non hanno evidenziato è che se si estrapolasse (ma non sarebbe corretto) il dato della città di Arezzo, Fabiani e la Bonafè sarebbero quasi alla pari, con uno scarto di 36 (trentasei) voti tra l’europarlamentare e il suo semisconosciuto avversario.
-Perché- direbbe qualcuno -vuoi tirar via il dato di  Arezzo capoluogo? Proprio Arezzo, dove la Bonafè fa il pienone con l’84% dei voti staccando il suo avversario in maniera netta, con 238 voti a 45? Proprio Arezzo dove la Bonafè migliora il dato, pur straordinario, del voto a Renzi di un anno fa? Sei troppo furbo caro Brandi.-
No, non voglio fare il furbo, la mia era una semplice  considerazione sui numeri. Perché se i risultati della provincia sono diversi, evidentemente il dato della città segnala un disallineamento, il che non vuol dire per forza che sia una cosa negativa, si tratterebbe in ogni caso, di capire il motivo.
Paolo Brandi

Nessun commento:

Posta un commento