lunedì 29 ottobre 2018

I CAMPI DI STERMINIO RIDOTTI A PARCO GIOCHI. LA BANALITÀ DELL’IDIOZIA



Il 28 ottobre, anniversario della “Marcia su Roma”, si sono radunati, in quel di Predappio, qualche migliaio di fascisti, non trovo altro termine per definirli e non credo che i partecipanti lo considerino offensivo.
Non mi meraviglia che, ancor oggi, dopo quasi 100 anni, tante persone si riuniscano per celebrare quello che si può considerare l’avvio della dittatura nel nostro paese. Non mi meraviglia perché l’Italia non ha mai fatto i conti con la propria storia. Questo paese tende a digerire di tutto, un pò come accade ai biodigestori che dagli scarti organici (compreso il letame), ricavano energia.
Diciamo la verità quei conti non sono stati fatti perché il fascismo, non quello folkloristico dei fez e delle aquile sul berretto, è connaturato alla nostra storia.
L’unico che capì da subito come stavano le cose fu Gramsci che nel 1921 scrisse: “Il fascismo si è presentato come l’antipartito, ha aperto le porte a tutti i candidati, ha dato modo a una moltitudine incomposta di coprire con una vernice di idealità politiche vaghe e nebulose lo straripare selvaggio delle passioni, degli odi, dei desideri. Il fascismo è divenuto così un fatto di costume, si è identificato con la psicologia antisociale di alcuni strati del popolo italiano, non modificati ancora da una tradizione nuova, dalla scuola, dalla convivenza in uno Stato bene ordinato e amministrato”.


Ma di quella lezione non è rimasto niente e aver ignorato quest’aspetto è una delle grandi colpe dei partiti. In oltre settanta anni di Repubblica, a destra come a sinistra, si è evitata una pedagogia della democrazia preferendo invece la gestione del potere. E i risultati si toccano con mano.
Ma non è questo il punto che voglio rilevare. Quello che mi ha spinto a scrivere queste riflessioni è stata la “goliardata” di una signora, di cui per carità di patria non cito il nome, la quale si è presentata a Predappio con una maglietta con la scritta "Auschwitzland”, fatta coi caratteri della Disney e accompagnata dal disegno del campo di concentramento. Insomma il campo di sterminio trasformato a parco giochi.
La signora intervista ha risposto che trattasi di “humor nero". Che sia nero non c’è dubbio che faccia ridere è da dimostrare. Per di più alla domanda se sapesse che ad Auschwitz sono state ammazzate più di un milione di persone, ha risposto che “è stata un’esagerazione, una cosa sbagliata, dei nazisti”. Come se il problema fosse che ne hanno gassati troppi, insomma una questione di numeri e basta.
Il pericolo sta tutto lì, nel banalizzare, nel ridurre tutto a una “goliardata” infarcita di imbecillità. Ormai siamo portati a giustificare ogni cosa sulla base di un relativismo etico e storico che fa perdere di vista i valori. Tolleriamo qualunque stupidaggine in nome della leggerezza del vivere e, mi verrebbe da dire, del quieto vivere.
Tutto questo fa il paio con la perdita di autorità delle istituzioni, il declassamento della scuola, il menefreghismo imperante, in nome di una libertà che alla lunga si trasforma in sopraffazione. Attenzione, quando dico queste cose, non penso solo alla destra che cavalca antiche e nuove paure, penso anche a una parte di sinistra che, in nome di una sociologia d’accatto, scagiona ogni eccesso, compresi quelli di chi delinque e non rispetta leggi e valori della convivenza. Insomma a partire da quella maglietta immorale ci sono motivi di riflessione per tutti. 
E ora potete pure sputarmi addosso, da destra e da sinistra.

Paolo Brandi


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