Quando
osservo le vicende del PD mi pare di sfogliare il “Libro della Giungla”. È una
selva dove s’inseguono lupi, scimmie, serpenti e pavoni.
Che
ci crediate o no, ho il cuore a pezzi, nel veder disperdere, in mille rivoli, un’eredità
gloriosa costruita, con tanti sacrifici, dalle generazioni passate. Sacrifici
veri, mica chiacchere, perchè ci sono state persone finite in galera per quelle
idee, costrette all'esilio, discriminate sui posti di lavoro. È retorica? No, è
storia, e la storia, come si sa, va avanti per corsi e ricorsi, non è un
processo lineare, tocca punte altissime e poi precipita. Oggi siamo a un punto
molto basso.
Prendete
per esempio la polemica sulle cene. Calenda invita Gentiloni, Renzi e Minniti e
Zingaretti se ne va in trattoria con uno studente, un piccolo imprenditore e un
operaio.
Ma
è possibile, mi domando io, ridurre la politica a queste scempiaggini?
Ormai
ci ridono tutti dietro: c’è chi parla di “Ultima cena”, chi della “Cena delle
beffe”, qualcuno, più carogna, rammenta il film “La cena dei cretini” e via
dicendo.
Invece
delle cene ci vorrebbe un bel digiuno, quell'astinenza dal cibo che induceva Pietro
Crisologo a dire “Chi digiuna comprenda bene cosa significhi per gli altri non
aver da mangiare“.
Il
problema è tutto lì, questi sono ormai disconnessi dalla realtà, e sembrano non
capire che forse sarebbe meglio andare a un fast food, non per farsi un panino,
ma per domandare ai ragazzi che lavorano lì, con poco stipendio e meno diritti,
per chi hanno votato.
Ma
ormai siamo arrivati alla scissione dalla logica oltre che dalla realtà.
Quando
il Presidente di un partito, leggi Orfini, che per funzione dovrebbe garantire
le regole, propone di stracciare lo statuto del PD e andare a costruire un
altro soggetto politico, vuol dire che siamo alla frutta.
Attenzione,
l’idea non è strampalata, che ci sia necessità di un fronte ampio, in grado
andare oltre il Pd e interpretare a livello europeo i sentimenti di libertà,
tolleranza, uguaglianza, solidarietà è necessario, ma non può farsi carico di
quest’idea chi ha contribuito allo sfascio.
Forse
c’è bisogno di un cambio e siccome le idee viaggiano sulle gambe degli uomini,
c’è bisogno che qualcuno, con umiltà, ceda il passo. Che non si sia capita questa
necessità è dimostrato dalle vicende del PD toscano, dove si va, in un clima di
sconforto, a un congresso che dovrebbe essere cruciale, visto che incombono le amministrative del 2019 e le regionali del
2020.
Lo
sconforto di costatare che un gruppo dirigente, che ha perso tutto quello che c’era
da perdere, pretenda di guidare ancora il PD Toscano riparandosi dietro una
persona capace come Simona Bonafè. L’alternativa? Il candidato della “sinistra”
in verità c’entra poco con le politiche fallimentari, ma non si risolvono i
dilemmi dei democratici toscani con i dejà vu.
Ma
dove vogliamo andare in queste condizioni?
C’è chi litiga e accetta compromessi su poltrone, seggiole e strapuntini
che, tra due anni, forse non ci saranno più. La cosa migliore è evitare di
intraprendere un viaggio in questo deserto d’idee. Andate a leggere le linee programmatiche
dei due candidati e capirete a cosa mi riferisco.
Qualcuno
potrà dire: tu parli bene ma la ricetta ce l’hai? Non sono un cuoco e non ho
ricette, mi è rimasto solo un po’ di buon senso e anche quello va scemando.
Volete per forza una soluzione? Mettiamo alla testa di un fronte ampio, di cui
farà parte anche il PD, tre persone: Massimo Cacciari, Roberto Saviano e Fabrizio Barca.
Come a dire intelligenza, rigore morale e il sentimento di una sinistra solidale
e poi vediamo come va a finire.
Paolo Brandi
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