Dire
quello che si pensa non deve essere un’eccezione ma la regola, ed io voglio
dire quello che penso.
Cosa
penso?
Penso
che sia ora di farla finita con il gioco delle tre carte.
Un
esempio è la battuta, per modo di dire di Del Rio, persona per altro seria,
quando, alla festa dell’Unità di Ravenna, afferma, sulla possibilità di un
dialogo PD 5stelle, “ad aprile era molto difficile, gli elettori in gran parte
erano contrari. Non è stata colpa di Renzi".
Il
ragionamento, in un partito che si dice democratico, non farebbe una grinza, c’è
solo un piccolo problema che nessuno, in quell’occasione, ha sentito quello che
ne pensavano veramente iscritti e simpatizzanti del PD.
Se
ne deduce che qualcuno ha interpretato quella presunta volontà provocando un
abbraccio mortale tra Lega e 5stelle.
Con
il dialogo si sarebbe arrivati a un accordo? Non lo so, probabilmente no, ma
era doveroso provarci.
Ma
al di là di questo io affermo che il PD non deve avere paura dei propri militanti.
Mi domando perché l’SPD tedesca chieda, con un referendum ai propri iscritti, se
sono d’accordo a fare un governo con la
CDU e invece da noi questo non si fa?
Quanti
errori, compreso il referendum costituzionale, si sarebbero potuti evitare se si
ascoltava, prima di prendere una decisione, i sentimenti della gente del PD.
Io
non voglio più che qualcuno interpreti quello che penso.
Dirò
di più pretendo, esigo, reclamo a gran voce che quell’aggettivo “democratico”
abbia un valore qualitativo e quella qualità può essere data solo da un voto. I
militanti del PD vogliono decidere e non fare solo i portatori d’acqua.
E
per sgombrare il campo da qualunque equivoco dico anche che quando una decisione
è presa, in maniera democratica e trasparente, si rispetta, anche se si pensa
in maniera diversa.
Paolo Brandi
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