Dicono
che la storia serva ormai a poco, cioè quasi a niente, perché il tempo corre veloce
e, come diceva Marinetti nel manifesto dei futuristi: “La magnificenza del
mondo si è arricchita di una bellezza nuova: la bellezza della velocità” e
continuava garrulo “noi vogliamo distruggere i musei, le biblioteche, le
accademie d'ogni specie”.
Insomma
l’obnubilamento della memoria affinché lo slancio verso il futuro non ne esca
frenato.
Oggi
la politica è questo: dare gas sperando che le ruote mantengano l’aderenza in curva,
“chi si ferma è perduto”.
Io
invece stavolta non ho fretta, mi voglio fermare a riflettere, non per piagnucolare
che di piagnoni ne ho piene le scatole, ma per un doveroso omaggio alla storia
e per chi, di quella storia, è stato protagonista.
Mi
sono divertito, per modo di dire, a fare il conto di quanto le forze di
sinistra e di centrosinistra abbiano pesato nella nostra Toscana e quanto
invece valgano oggi in termini elettorali.
Alle
politiche del 1948 valevano il 48,7
Alle
politiche del 1953 il 50,4
Alle
politiche del 1958 il 51, 2
Alle
politiche del 1963 il 53,1
Alle
politiche del 1968 il 59,4
Alle
politiche del 1972 il 53
Alle
politiche del 1976 il 57,3
Alle
politiche del 1979 il 54,8
Alle
politiche del 1983 il 55,8
Alle
politiche del 1987 il 56,2
Alle
politiche del 1992 il 51,3
Alle
politiche del 1994 il 47,6
Alle
politiche del 1996 il 52,7
Alle
politiche del 2001 il 53,9
Alle
politiche del 2006 il 55,2
Alle
politiche del 2008 il 54,3
Alle
politiche del 2013 il 41,5
Alle
politiche del 2018 il 33,6
A
che servono questi numeri? Probabilmente a niente giacché non aggiungono nulla
di nuovo alle analisi di studiosi ben più preparati di me. Segnalano però un fatto:
che il crollo c’era già stato nel 2013 e nessuno l’aveva preso nella giusta
considerazione.
Indicano
che, con questi numeri, la regione Toscana, tra circa due anni, può cambiare maggioranza,
in altre parole può mutare la storia di questa regione.
Se
poi questo “cambio” sia salutare, è tutto da vedere. Io non lo credo, ma una quota
crescente di toscani sembra pensarla diversamente.
Semmai
il Pd (diretto erede di quella storia) dovrebbe interrogarsi sul perché il
centrosinistra si stia consumando come lo stoppino di una candela.
In
verità le analisi si sprecano, alcune sono perfino corrette: abbandono dei
capisaldi della sinistra, perdita di contatto col tessuto associativo,
incapacità a comprendere che la crisi economica sommata all’insicurezza e ai
flussi migratori avrebbero prodotto una miscela esplosiva. Inadeguatezza capire che la gente ne aveva
piene le tasche di privilegi e prebende.
C’è perfino qualcuno che finalmente riconosce che i nostri enti locali
sono in difficoltà nel portare innovazione, idee e progetti.
Tutte
cose corrette ma c’è da aggiungerne un’altra: la caduta verticale della nostra credibilità
tra gente. E quella non è merce che si compra al mercato ma si conquista con
fatica. In questo caso c’è solo una strada tornare alla politica come servizio
e non solo come tecnica di governo, partendo, come qualcuno ha detto, da un
grande atto di umiltà. E cosa c’è di più rispettoso e umile che chiedere scusa?
Ecco, io mi sento di chiedere scusa alle generazioni passate, a quanti negli
anni che abbiamo alle spalle si sono sacrificati, letteralmente sacrificati,
per la politica. Accusatemi di retorica, a questo punto non mi può importare di
meno. Perché se guardo a quei numeri, dal 1946 a oggi, mi accorgo che quando la
politica era passione, impegno, dedizione e fatica, un progetto di cambiamento
cresceva e trovava radici in questa regione. Non è un caso.
Paolo Brandi
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