E’
bello poter tornare a scrivere senza pesi sulla testa, con la leggerezza di chi
può dire quello che vuole perché libero da condizionamenti.
Stavolta
mi va di parlare di una storia che più passa il tempo più assume contorni grotteschi.
Mi riferisco alla vicenda di Maria Elena Boschi e di Banca Etruria.
Una
doverosa premessa: io sono tra chi sostiene che la politica è fatta di competenza,
spirito etico e una dose inevitabile di furbizia e spregiudicatezza. Per questo,
in tempi non sospetti, ho sostenuto che, all’indomani del risultato del
referendum costituzionale quando già v’erano segnali preoccupanti sul sistema
bancario locale, la ministra Boschi avrebbe dovuto ritirarsi in buon ordine. Non
per andare sotto un ponte a dormire sui cartoni ma per liberare se stessa e il PD
dalla tempesta perfetta che si stava preparando.
Questo
non perché avesse responsabilità precise, ma perchè nella vita pubblica la “moglie
di Cesare deve essere al di sopra di ogni sospetto”.
Ma
detto ciò io oggi sto con la Boschi perché è ignobile quello che sta accadendo.
E’ ignobile che gente che fino all'altro giorno la venerava come la Madonna di Fatima
oggi prenda le distanze come se avesse la peste, è ignobile che il PD non sia
stato in grado di dettare una linea di condotta che non sia il blaterare scempio
di chi, in altri tempi, al massimo avrebbe fatto il segretario di sezione.
Etica
della responsabilità ci vuole e meno chiacchere, necessita coraggio e non
battute.
Per
questo danno da pensare i comportamenti su di una vicenda affrontata male fin
dall’inizio, anche dalle nostre parti.
Sparisce
una banca locale che ha contribuito allo sviluppo della provincia e tutto
sembra ridursi a un cambio d’insegna. E il rapporto con le imprese? Il settore
orafo? I legami con l’economia aretina, che fine fanno?
Ma
c’è di peggio, la banca dei notabili si è trasformata, nell’immaginario
collettivo, nella banca del PD, roba da matti!
Una
banca dove la sinistra non ha mai messo piede, dove le decisioni erano prese al
di fuori dei partiti oggi è diventata l’esempio di una banca politicizzata.
Di
chi è la colpa? Non dei giornalisti che fanno il loro mestiere, non dei
mestatori di professione che campano di queste cose, non della destra che fa la
verginella nel postribolo.
La
responsabilità pesa in buona parte sulla coscienza di chi non ha valutato bene l’inopportunità
che il padre di un ministro/ a faccia il vicepresidente di una banca sull’orlo
del fallimento.
Però,
al tempo stesso, nessuno si è posto il tema di chi ha proposto Pierluigi Boschi
a quella carica. E’ stato il PD? Non pare che sia così.
Però
il PD su quest’argomento tace e si prende la colpa, quasi che avesse da espiare
chissà quali peccati. A chi fa comodo questo silenzio?
Domande
legittime e allora io credo che Maria Elena Boschi non solo debba candidarsi ma
debba farlo proprio ad Arezzo, perché questo fatto aiuterebbe a fare chiarezza.
Finalmente i nodi verrebbero al pettine alla faccia di tutti i Soloni che
pontificano.
Niente
collegi blindati: qui bisogna rischiare in proprio, metterci la faccia, tornare
a parlare con la gente a costo di prendere qualche insulto. Un atto di audacia politica
è oltremodo necessario.
Lo
stesso atto di coraggio che mi verrebbe da chiedere a quelli che dopo aver
approvato una legge elettorale suicida vanno a caccia di posti sicuri. Si presentino
laddove il dente duole, per esempio Rosato nella sua Trieste, oppure Orfini in qualche borgata romana oggi infeudata
da Casa Pound.
Allora
si che tornerebbe il gusto del fare politica.
Paolo Brandi
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