giovedì 3 novembre 2016

QUALCHE IDEA PER IL FUTURO DELLA VALDICHIANA, A PARTIRE DAL SIGARO.

In Valdichiana si discute troppo poco del futuro. Il cono d’ombra maggiore è dato dall'assenza di una strategia politico-amministrativa in grado di ridare una prospettiva alla nostra vallata.  
La crisi ha lasciato un’eredità pesante: imprese chiuse, altre ridimensionate, aumento della disoccupazione, scarse possibilità per i giovani. E’ pur vero che esistono punte di eccellenza, ma non bastano a compensare quello che si è perso.
Da quanto tempo manca una riflessione, sia a destra sia a sinistra, sul destino della Valdichiana?

Al di là della retorica su agricoltura di qualità, biologico, turismo, servizi avanzati si avverte pesante il vuoto di idee. Che fare? Di fronte a questa domanda in parecchi scuotono la testa.

In questo senso può venirci in aiuto un bel libro di Giuseppe Berta intitolato “Che fine ha fatto il capitalismo italiano?”.
Sia chiaro, non è che in questo libro il professore parli della Valdichiana, però alcune tesi sono davvero interessanti.
Il primo punto è che l’Italia della grande industria del novecento sta andando incontro a un processo di disfacimento. Gli esempi in tal senso non mancano dall’Ilva  di Taranto, al  polo dell’acciaio di Piombino, alla Pirelli.
Dobbiamo dunque rassegnarci al peggio?
Non è proprio così, esiste, infatti, una seconda faccia del capitalismo italiano che mostra risultati più incoraggianti: è l’Italia delle imprese intermedie. 
E’ da lì che occorre ripartire. Da quel modello d’industrializzazione formato da imprese locali, spesso a gestione familiare, diffuse sul territorio e prevalentemente legate alla campagna e alle città medio-piccole.
Secondo Berta la dimensione su cui l’Italia dovrà ricostruire il suo sviluppo è proprio questo. Tuttavia un percorso incentrato sulle piccole e medie imprese non può avvenire spontaneamente, ha  bisogno di un sostegno forte sui territori. In questo senso la politica deve recuperare lungimiranza e senso della prospettiva.
Tradotto in un linguaggio più comprensibile, significa che la Valdichiana deve finalmente far fronte comune. Il modello cui ispirarsi è quello del recupero della tradizione declinata sul tempo del futuro.
Per scendere nel concreto è di qualche giorno fa l’intervista di Gaetano Maccaferri (patrona dell’omonimo gruppo, già proprietario della SADAM) che celebra le performance del Sigaro Toscano. Ecco una possibilità.  E’ mai stato fatto un tentativo, per capire se fosse possibile sviluppare un progetto turistico/industriale che parta dal marchio del sigaro toscano? Magari utilizzando, a tal proposito, l’area dell’ex zuccherificio?
Il sigaro toscano è un marchio appetibile, conosciuto in tutto il mondo, in grado di suscitare fantasie e attrazione.
Purtroppo, ancor oggi, il destino di quel pezzo importante di territorio vaga nelle nebbie dell’incertezza, tutto tace o corre sotto traccia.
Ma accanto a questo ci sono altre cose da concretizzare. Una tra tutte il sistema del credito. Anche qui è passata, quasi in silenzio, l’aggregazione di due importanti gruppi bancari del settore cooperativo. Eppure sappiamo quanto il credito locale sia utile allo sviluppo delle imprese medio/piccole.  
Ma tutto questo in mancanza di una strategia conta poco. Ognuno va per conto suo e il territorio non cresce.


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