Non siamo tra coloro che da un singolo episodio ricavano
una regola, però quello che è accaduto al congresso dei Giovani Democratici
della Campania ci ha fatto riflettere.
Le assise era iniziata male, infarcita di polemiche e
scissioni e si è conclusa peggio, con un rinvio tra urla, contestazioni e scene
ben poco dignitose.
Qualcuno ha cercato di minimizzare la cosa evocando la
vecchia canzone di Peppino Fiorelli “Simme e’ Napule paisà”. Quasi che da
quelle parti ci sia un clima antropologicamente diverso dal resto d’Italia.
Noi
non crediamo all'influenza degli astri sui congressi di partito, quando ci si
accapiglia ci sono sempre delle ragioni più o meno nobili. Ma alla fine, tirate
le somme, non è nemmeno questo il problema. Che dentro il crogiolo dei partiti
si fondano ambizioni, passioni, interessi e aspettative è un fatto scontato,
per cui è normale che si discuta, si litighi e ci si guardi in cagnesco, pur appartenendo
tutti alla stessa squadra.
Quello che invece emerge dal congresso dei Giovani
Democratici napoletani è un altro tratto, che in verità un pochino ci
preoccupa.
Andate a vedere chi erano
i candidati alla segreteria regionale dei Giovani Democratici Campani: Pasquale
Stellato, vicesegretario del Pd di Caserta recentemente commissariato, figlio
della deputata Camilla Sgambato e dell’ex consigliere regionale Giuseppe
Stellato, e Francesca Scarpato, fidanzata del segretario provinciale dei Gd di
Napoli Marco Sarracino.
Sicuramente si tratta di bravissimi ragazzi, ma la
sensazione che le candidature nascano in un ambito ristretto rimane. Quasi che
ormai la politica sia un problema di famiglie più o meno allargate. Per cui,
come avviene in America, tra un pò di tempo rischiamo di avere anche noi i nostri
Clinton, i nostri Bush, cioè casati che fabbricano candidati in serie, destinati
a ricoprire, per diritto di nascita o affiliazione, ruoli politici e istituzionali.
Un po’ come avveniva nel medioevo per i Gran
Siniscalchi, conta di più il diritto ereditario che non la capacità. Anche perché,
diciamolo chiaramente, ormai le capacità contano sempre meno, vale di più l’abilità
di infilarsi nei pertugi del potere, di lisciare il pelo, di rinnegare quello
che si è detto un secondo prima.
Non possiamo aspettarci altro quando la parola “rinnovamento”
non serve a cambiare le cose ma solo a occupare il posto di quelli che c’erano
prima, senza nemmeno la finezza di cambiare la poltrona. In questo clima è regolare che i nuovi
politici siano formati in batteria, come polli d’allevamento. Noi preferiamo i galletti
ruspanti, magari un po’ meno teneri ma sicuramente più saporiti.
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