sabato 19 settembre 2015

AGRICOLTURA IN VALDICHIANA: FATTI NON PAROLE

Parlando del futuro della Valdichiana in molti parlano di un ritorno all’agricoltura, sarà un caso ma di solito si tratta di persone che passano la giornata dietro una scrivania con l’aria condizionata e la poltroncina ergonomica, ma questo è un particolare del tutto trascurabile.

L’importante è che alla fine si arrivi a qualcosa.




Agricoltura da qualche anno fa coppia con turismo, ospitalità, prodotti tipici e paesaggio sono diventati fattori fondamentali per attirare visitatori. Se a questo si aggiunge il fascino dei borghi, i musei diffusi, bellezze artistiche il gioco è fatto.
Credere però che Agricoltura e turismo risolvano da soli i problemi occupazionali e la crisi dell’industria rimane un’utopia. Bella quanto si vuole ma pur sempre un’utopia.  
Scendiamo nel concreto. Oggi visti i mezzi tecnici, le rese per ettaro, le direttive comunitarie, diventa complicato pensare, a un incremento stabile dell’occupazione in agricoltura. Si potrebbe obbiettare che un giusto mix tra turismo, produzioni agricole e industrie di trasformazione, legate a una politica dei marchi, potrebbe in prospettiva aprire nuove opportunità, si e no.
Andiamo a vedere lo stato dell’arte. La morte dello Zuccherificio di Castiglion Fiorentino ha decretato in  Valdichiana la fine della barbabietola, una coltivazione che garantiva reddito e prospettive agli agricoltori.
Con la barbabietola è scomparsa la pratica della rotazione nei campi: un anno barbabietola, l’anno dopo grano, poi mais, girasole per tornare alla barbabietola. Una consuetudine antica che, unita alla concimazione organica, faceva bene ai terreni e incrementava le produzioni.
La chiusura della SADAM quindi oltre ai problemi occupazionali diretti ha comportato una diminuzione delle entrate degli agricoltori e un impoverimento dei terreni, qualcuno però dice “ non ci sono più camion ad ingombrare le strade e si respira meglio”, vero anche questo.
Sul piatto rimane però un tema scottante come coniugare industria, agricoltura, ambiente e creare al contempo posti di lavoro?
Qualche personaggio fantasioso ha parlato di impiantare caseifici in Valdichiana. Probabilmente scherzava. Oggi il latte importato costa meno di trentacinque centesimi al litro, un prezzo impossibile per i nostri produttori. Come faccia a costare così poco è un mistero, quello che è certo è che non si sa da dove viene, né chi l’ha prodotto. La globalizzazione è anche questo.  
Si potrebbe pensare all’orto florovivaismo suggerisce qualcun altro. Anche qui esiste un problema: più di tanto il mercato non riesce ad assorbire e poi non possiamo nascondere la questione legata all’impatto delle serre sul paesaggio. Turismo ed ettari di serre non vanno d’accordo.
C’è chi propone industrie di trasformazione della frutta. Buona idea verrebbe da dire, la Valdichiana ha delle eccellenze in questo settore. Tuttavia per impiantare una filiera industriale ci vuole la quantità, che da noi manca, una rete di distribuzione e un piano di commercializzazione. Con i numeri di oggi non ci sono le condizioni. Possono funzionare piccoli laboratori ma non un’industria con decine di occupati.  Lo stesso discorso vale per la commercializzazione delle verdure. Niente vieta che si possano pensare, come qualcuno sta già facendo, a piccoli produttori che si associano rivolgendosi ai mercati locali ma da questo a prevedere centinaia di ettari coltivati, abbinati a mega strutture, con forte ricaduta occupazionale ce ne corre parecchio.
La zootecnica è un altro settore di cui si parla molto, la chianina è diventata un simbolo della Toscanità. In effetti c’è una certa ripresa di mercato, i prezzi hanno ricominciato  salire, complice anche una diminuzione dei capi allevati, in poco tempo si sono persi oltre mille vitelli a causa della chiusura delle stalle. Ma rimane un mercato di nicchia. Forse il futuro sta nel legare il prodotto al così detto gastro-turismo dove si mettono insieme prodotti di qualità, visite guidate agli allevamenti, coscienza del territorio, accordi con i ristoratori. Però anche questo può compensare in termini occupazionali la perdita di centinaia di posti di lavoro nel manifatturiero?
Ci sono tante cose che potrebbero diventare un bel biglietto da visita per la Valdichiana, dall’olio al vino, ma è necessaria una strategia di ampio respiro in grado di elevare la qualità, sviluppare il marketing, dare un reddito vero agli agricoltori. Un litro d’olio della Valdichiana, che ha caratteristiche organolettiche eccezionali, quasi medicamentose, dovrebbe costare 25 euro al litro e non gli otto/ nove a cui viene venduto oggi. Il mercato locale non è in grado di reggere questi prezzi e necessariamente ci si dovrebbe rivolgere all’estero. Qualcuno lo sta già facendo ma è un’eccezione e per penetrare i mercati ci vuole più forza.
Allora più che parlare a vanvera occorre farsi venire delle buone idee. E’ arrivato il momento di capire quale tipo di sviluppo vogliamo per il nostro territorio. Non bastano i No occorre cominciare a dire qualche SI.
Abbiamo tralasciato volutamente un’analisi su altre produzioni, per esempio sta vendendo avanti la proposta di Distretto Biologico in Valdichiana, argomento sul quale molto ci sarebbe da dire. Di questo parleremo un’altra volta.

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