Secondo
recenti studi il settore alimentare italiano potrà superare tra pochi anni i 50
miliardi di export. Il 2015, anno che ha registrato il successo di Expo, si è
chiuso con vendite all'estero pari a 36,9 miliardi di euro, un valore in
crescita dell’8% rispetto a dodici mesi prima. Se il PIL viaggiasse con lo stesso
ritmo, saremmo a cavallo.
La
notizia è particolarmente importante, almeno per noi che viviamo in una
vallata, la Valdichiana, dalle grandi potenzialità in agricoltura. Alla base
del settore alimentare c’è, infatti, l’agricoltura, a seguire le industrie di
trasformazione e in ultimo i servizi.
Qualcuno ha cominciato a mettere a fuoco il problema. In un recente convegno a Cortona è stato presentato un progetto integrato che riguarda diversi livelli: zootecnica, agricoltura di qualità, recupero del patrimonio edilizio rurale. A corollario è stato annunciato un accordo con le università per mettere in piedi laboratori di ricerca. Finalmente qualcuno che la canta giusta: la sfida con i mercati globali, e l’alimentare ne fa parte appieno, si vince mettendo assieme conoscenze ed esperienze.
Qualcuno ha cominciato a mettere a fuoco il problema. In un recente convegno a Cortona è stato presentato un progetto integrato che riguarda diversi livelli: zootecnica, agricoltura di qualità, recupero del patrimonio edilizio rurale. A corollario è stato annunciato un accordo con le università per mettere in piedi laboratori di ricerca. Finalmente qualcuno che la canta giusta: la sfida con i mercati globali, e l’alimentare ne fa parte appieno, si vince mettendo assieme conoscenze ed esperienze.
Dentro
questa filiera manca, a nostro avviso, un anello, quello dell’industria di
trasformazione, in Valdichiana ci sono esempi eccellenti, a cominciare dalla
Fabianelli ma è necessario, per essere competitivi, un polo di trasformazione
dei prodotti agricoli per tutta la vallata. Un mulino, laboratori di
trasformazione delle piante officinali, lavorazione e confezionamento
dell’ortofrutta.
Se le prospettive
dell’export sono quelle che dicevamo all'inizio, un investimento forte sulle industrie di trasformazione può diventare una buona carta da spendere per il
territorio. Tanto più che si tratta di aziende proiettate su un mercato mondiale
che chiede prodotti di qualità come quelli italiani e in particolare, lo diciamo
con una punta di orgoglio, toscani. Le nostre materie prime oltre che essere
eccellenti si portano dietro un nome e una storia.
L’alimentare è il futuro, un futuro
antico direbbe qualcuno, ma sicuramente meno soggetto agli sbalzi di una
sistema economico volubile e concorrenziale. Ad esempio in provincia di Arezzo
assistiamo a crisi di aziende, nel settore delle rinnovabili, che fino a
qualche anno fa assumevano centinaia di persone e sembravano destinate a uno
sviluppo inarrestabile. Oggi che quel mercato è saturo, si assiste al crollo,
per l’alimentare non sarà mai così. La Valdichiana può dunque ben sperare nel
futuro. In questo senso ci aspettiamo dalle Amministrazioni Locali un surplus
di capacità operativa: da un lato nella ricerca di finanziamenti per sostenere
le nuove imprese, modelli in tal senso non mancano in Toscana, dall'altro per
non lasciare all'iniziativa privata la programmazione del territorio. Da quello che vediamo talvolta le imprese tendono a sostituirsi a chi governa. Questo non
è un bene, decidere cosa fare e cosa realizzare nella nostra vallata spetta a
chi è stato scelto dai cittadini per governare e non da uno o due imprenditori,
per quanto bravi e capaci.
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